Tanti auguri a Luis Figo, esteta del calcio anche sul viale del tramonto

Quando si è protagonisti in uno sport, bisogna, prima o poi, fare i conti con l’incedere del tempo. La vecchiaia è una brutta bestia per chiunque, ma se sei uno sportivo, un calciatore,  arriva addirittura due volte e la prima è quella più difficile da affrontare, perché pone fine a ciò che nella tua vita hai scelto di fare, a ciò per cui ti sei dedicato fin da piccolo. Anche nei “vecchi”, però, si riesce a capire dove si nasconde la classe, se è presente la qualità, il tocco in più che differenza i giocatori al di là di ciò che possano recitare le banali carte d’identità. Così capita di innamorarsi di un’ala destra vecchio stampo, abbondantemente oltre i 30 anni, ma ancora in grado di illuminare le platee più importanti, così come fatto in passato.

Luis Figo arrivò all’Inter nell’estate del 2005, 33 anni da compiere e l’etichetta di scarto del Real Madrid dei Galacticos, dei quali, nel 2000, fu il primo mattone, la pietra miliare posta da Florentino Perez. Un’offerta economicamente vantaggiosa che Moratti, pazzo innamorato dei piedi fatati e degli uomini di classe, non si lasciò affatto sfuggire, portando sui Navigli un vero portento di classe, tecnica, leggiadria, spirito vincente, caratteristiche che l’età avanzata avevano appena scalfito. All’Inter portò la bellezza di 140 partite e 11 goal, segnali di un giocatore che non era fatto venuto per svernare e godersi la città della moda in attesa dell’imminente pensione, ma che voleva ancora emergere ad alto livello, continuare a lottare su quei palcoscenici che lo hanno visto protagonista negli anni ’90 e nei primi 2000 del nostro calcio. Sono stati, infatti, quattro anni ricchi di vittorie, con i nerazzurri che presero lo scettro di regina d’Italia e diedero vita a un dominio incontrastato. Figo con i suoi colpi fu protagonista di questo dominio, da esterno o da trequartista, come Mancini lo usò per larghi tratti, servendosi della sua esperienza e di una visione di gioco non banale. Partecipe dei successi dello jesino e poi chioccia fondamentale, nel primo anno di Mourinho, di quel gruppo che l’anno dopo il suo addio trovò la consacrazione a livello continentale e mondiale. Un trionfo che lui visse ancora in seno all’Inter, nelle vesti da dirigente addetto alle relazioni internazionali. Chi meglio di una figura elegante e prestigiosa come la sua poteva rappresentare nei salotti calcistici uno dei club più importanti del mondo? Lui, con le sue parole mai fuori posto, con il suo esempio da professionista ineccepibile, con il suo passato da giocatore sublime, come quella punizione che assegnò ai nerazzurri la Supercoppa del 2006 contro la Roma, a sancire un’incredibile rimonta dallo 0-3.

Perché nel calcio si dovrà pur correre, ma la bellezza di due piedi come quelli di Luis Figo non svanisce mai, nemmeno a 43 anni suonati. 

 

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