Il ritorno di Paulo Sousa a San Siro, da testa calda a allenatore

Dalla panchina di San Siro…alla panchina di San Siro!

Paulo Sousa, allenatore portoghese della Fiorentina ed ex giocatore dell’Inter tra il gennaio 1998 e il gennaio 2000, domani sera non farà nulla di molto diverso rispetto a ciò che era solito fare nella sua esperienza da giocatore nerazzurro; entrerà in campo e si siederà in panchina, come più volte gli è capitato in quei due sfortunati anni a Milano. Una carriera da calciatore che aveva già toccato il culmine, che si appropinquava ad un lento declino e che ebbe le prime trasformazioni verso l’avventura da allenatore. Un’avventura che sta procedendo molto bene, visto che la sua Viola, in caso di successo nel posticipo domenicale, otterrebbe il primato della classifica del nostro campionato.

Il placido, compassato e tranquillo Paulo Sousa, come siamo ora abituati ad osservarlo, non era affatto così sul finire del millennio, quando la panchina per lui non era un mestiere o un dovere, ma un non riconoscimento delle sue qualità e della sua importanza. Come ci riferisce la Gazzetta dello Sport, 40 gettoni in due anni sono una miseria e non poterono rendere felice un regista sicuro delle sue qualità, capace già in passato di imporsi in Italia con la Juventus e di ottenere la sua vendetta contro i bianconeri nella finale di Champions del ’97 vinta col suo Borussia Dortmund. Sentimenti forti, fieri e orgogliosi. Gigi Simoni, attraverso le colonne della Rosea, ha ricordato le sue “lamentele e richieste di chiarimento ogni volta che non giocava”, “le scosse con il capo quando era (spesso) sostituito”. D’altronde, per uno che, come sostiene il suo ex compagno di squadra Fabio Galante, “voleva sempre il pallone in allenamento, anche se marcato e raddoppiato”, contribuire poco alla causa era un fardello non troppo leggero. Simoni non amava i suoi ritmi quanto la grande velocità di Zanetti e Simeone, altro grande allenatore nato da quella squadra. La girandola di allenatori dell’anno successivo non lo aiutò e l’arrivo di Lippi, uomo che ben lo conosceva, non contribuì a trovargli pù spazio.

Come calciatore non avrà lasciato il segno, ma probabilmente quei due anni gli hanno fatto trovare la sua strada per il futuro. Una strada che domani sera potrebbe prendere una piega migliore del suo passato da giocatore dell’Inter.

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