Il meglio doveva ancora venire, ma va bene così

Ora è tutto finito. Comunicato ufficiale, parole d’addio, presentazione, commenti di Thohir e Mancini, stop. Sono bastati tre giorni per quello che poteva essere un tormentone infinito: Mateo Kovacic ha lasciato l’Inter per approdare al Real Madrid. 

Ora che le bocce sono ferme, anzi, sono state già riposte, proviamo a capire cosa comporta la cessione di Kovacic, nel bene e nel male. I tifosi interisti si sono divisi: giusto non lasciarsi sfuggire un’offerta del genere, sbagliato privarsi di un talento puro e autentico. Dove sta la verità? Nel tutto. No, non siamo filosofi, ma bisogna ugualmente pensare a lungo per maturare un parere sensato, senza che alla fin fine cambi qualcosa; bisogna stare attenti ai molteplici aspetti che comporta oggi una squadra di calcio, tra cui quello economico, senza tralasciare quello tecnico ed emotivo. Si deve guardare la vicenda da diverse angolazioni, da quella del tifoso a quella dell’allenatore. Le risposte sono quindi scontate: sarà il tempo a dire se l’Inter avrà fatto la mossa giusta o sbagliata in questo lungo week-end “ferragostano”. Al momento, ognuno può dire la sua senza paura di sbagliare.

Un rimpianto, un incompiuto, una grave perdita, un guadagno sproporzionato. Se ne sono dette e sentite di tutti i colori, ma la verità è che Mateo Kovacic, nella sua avventura a tinte nerazzurre, è stato costantemente avvolto in una nube di mistero. Che giocatore è? Un regista, una mezzala, un trequartista? Provato e riprovato, smontato e rimontato nei punti più disparati del campo senza continuità, con confusione e con l’aspettativa che dovesse fare sfracelli, che tutto dovesse dipendere da lui. Che il campionato italiano non sia un posto per giovani si sa, che l’ambiente Inter non sia mai stato noto per la sua attitudine alla pazienza anche. In una squadra che langue, il dito non si punta sempre  sul colpevole, ma su quello da cui ci si aspetta di più, su quello che deve risolvere i guai combinati da altri. Kovacic avrebbe dovuto sempre segnare, inventare, fare assist, saltare l’uomo, prendere la situazione in mano. Perché? Perché era bastato poco per accorgersi che la qualità era sovrabbondante. Un passaggio sempre fatto con i tempi giusti, uno stop senza fatica, un filtrante per mettere Icardi davanti la porta, anche un tackle quando necessario, un destro al volo sotto l’incrocio. Il repertorio è vasto, ma non sufficiente. Sarebbe potuto sbarcare sulla luna, ma qualcuno avrebbe chiesto sempre di più. Chi vi scrive lo ricorda bene sia da regista con Stramaccioni che da mezzala con Mazzarri, quando si era convinto a dargli fiducia, ricordandosi che il calcio è innanzitutto uno sport con i piedi, quelli con i quali Kuzmanovic e Taider difetta(va)no un po’. Schierarlo esterno è stato un abominio. A centrocampo, dandogli il tempo di sbagliare e crescere, senza avere la certezza o la presunzione che fosse un Iniesta o un Modric già bello e pronto. Un giocatore non trova la propria collocazione se non gliela si dà, se la si cambia una volta sì e l’altra pure. Dalla televisione le cose, a volte, sembrano chiare, forse gli allenatori son troppo in basso in panchina per vedere.

O forse avevano ragione loro nel lasciarlo un po’ da parte, nello sballottarlo qua e là tra campo e panchina. Alla fine non era così illecito attendersi 7/8 goal in campionato, aspettarsi di notare un po’ di grinta e di ferocia, soprattutto quando le cose (spesso) andavano male. A tanti sarà capitato di vederlo passare un po’ troppo la palla indietro ai difensori, a qualcuno avrà dato la sensazione di essere svogliato. Oppure, in un’epoca in cui il Fair Play Finanziario è quanto di più familiare possiamo sentire, 35/40 milioni sono davvero una ghiottoneria per un giocatore che la differenza, a lungo termine, non l’ha fatta.

Peccato, perché la sensazione è che stesse nascendo una squadra giusta. Lui e Icardi erano state le uniche luci di un’oscurità disarmante. Kondogbia, Jovetic, una difesa aggiustata e il connazionale Perisic potevano bastare a trasformare una squallida landa in un parco giochi colorato. Rimarremo col dubbio. Dopotutto se ne sono andati Ronaldo, Ibrahimovic, Eto’o, Sneijder, non ci si può strappare i capelli per lui. Dopotutto con quei 40 milioni potrebbe arrivare qualcuno più utile di lui. Va bene così.

Anche per lui. Magari Kroos tirerà meglio di Guarin, Bale crosserà meglio di D’Ambrosio, Modric gliela passerà meglio di Medel, Ramos e Pepe marcheranno meglio di Ranocchia e Juan Jesus e allora tutto sarà più facile anche per lui. Ognuno per la sua strada verso la propria storia: l’Inter tornerà a vincere, lui esploderà e ognuno sarà contento per conto suo. Però peccato, abbiamo perso un gran bel giocatore. 

 

Impostazioni privacy