GazzettaTv – Zenga: “Ecco perché dico che allenerò l’Inter in un’altra vita. Su Sacchi…”

Quando parla l’Uomo Ragno al secolo Walter Zenga non è mai banale, dalla sua voce traspare sempre lo stesso carisma che incantava quando era il numero 1 dell’Inter, a GazzettaTv nel programma Confidental di Paolo Condò ha raccontato in un intervista aneddoti curiosi della sua vita.

Partendo dall’amore per la moglie, Raluca un’orientalista che parla otto lingue e che prima di sposarsi non aveva nessuna cognizione del gioco del calcio, tanto che non sembrava neanche il tipo ideale per Zenga ma l’ex numero 1 rivela: “La prima volta che l’ho portata a Milano avremmo meritato una telecamera ventiquattr’ore su ventiquattro, eravamo in albergo, domenica mattina, a San Siro di pomeriggio c’è Inter-Reggina, le faccio “Amore…”, lei mi blocca e dice: “Pensa che fortuna, c’è una mostra di Modigliani questo pomeriggio, l’andiamo a vedere. Sappiamo tutti che noi maschietti nella fase luna di miele siamo un pò come dire…arrendevoli. Fu cosi che una domenica milanese con l’Inter in campo a San Siro me ne andai ad una mostra di Modigliani. Ma per amore si fa anche questo, anche se quel giorno tanta gente mi vedeva e alle spalle diceva, no, non può essere Zenga, gli somiglia solo“.

Poi Walter è un fiume in piena di aneddoti calcistici, nella sua carriera tante volte gli è stato chiesto del gol di Caniggia e lui spiega subito: “Che rapporto ho con il gol di Caniggia? Quello che si ha con le cose che vengono tramandate in maniera sbagliata, è vero che fu un errore, ma da li a dire che abbiamo perso il Mondiale per colpa mia, calmini, eh! Non diciamo cazzate. Per colpa mia abbiamo soltanto pareggiato una semifinale“. Non gli si può dare torto, l’Italia sciupò il vantaggio di Schillaci senza portarsi sul 2 a 0 sbagliando poi i rigori con Donadoni e Serena, in ogni caso anche passando la semifinale avremmo poi affrontato la Germania imbattuta a Italia 90, non una passeggiata.

Gli viene ricordato a Zenga una promessa fatta dal portiere, “Un giorno dovrò salire le scalette dello spogliatoio di San Siro prima di un Derby” e lui ammette “Chi non ha vissuto quelle emozioni non può capire, poi da eroe a rappresentante di aspirapolveri perché il calcio mi aveva stancato sono arrivato ad avere un contatto con la gente che aveva fame, perché dovevo decidere chi assumere e chi no, è una storia che ha ispirato la mia vita“.

Quand’era giocatore era tutt’altro che un tipo tranquillo lui si definisce un bambino adulto: “Ho imparato tutto da solo, un allenatore Gianni Redaelli mi ha dato l’idea di cosa vuol dire rispettare, dovevo rispettare orari, pulire la mia roba e questo ti forma. Poi gaffe ne ho fatto dappertutto, in Mls con New Jersey alla festa per il mio addio presi il microfono e dissi: ‘I have a dream‘ inteso come il sogno di diventare allenatore giocatore ma i tifosi impazzirono per il riferimento a Martin Luther King“.

Zenga vanta esperienza dappertutto, dalla Romania: “Negli anni 80 in una amichevole dell’Inter feci amicizia con Gino Iorgulescu, fu lui poi a chiamarmi per dirmi che c’era un posto come allenatore del National Bucarest, chiesi subito l’orario del primo aereo”, ma anche in Turchia, al Gaziantepspor: “Dopo aver perso 5 partite di fila andai dal presidente presentando le mie dimissioni, ma lui disse che sarebbe stato solo un momento e rifiutò. Cosi chiedo un’amichevole all’allenatore della squadra seconda in classifica dicendo di perdere per darci morale, vinciamo 1 a 0 e poi quel risultato lo bissiamo in campionato, poi andiamo a giocare in coppa all’Ataturk di Istanbul e vinciamo ancora 1 a 0, beh da interista ho anche la foto nella porta dove il Liverpool rimontò il 3 a 0 al Milan“.

Aggiunge ancora Zenga: “Dico che l’Inter l’allenerò in un’altra vita perché libero quando era libera la panchina, non farò l’errore di impegnarmi e lasciare le squadre a metà come successo con l’Al-Ain che mi voleva subito facendomi lasciare la Turchia, ma il contratto si chiuse poi dopo soli sei mesi“.

In Serie A per Zenga c’è stato il battesimo di fuoco in Sicilia: “La chiamo esperienza Zamparini, quando fui allontanato dal Palermo avevamo gli stessi punti dell’anno prima, ma mi piacque moltissimo, parlai di scudetto e di Europa in pianta stabile, fu un discorso che capirono pochi, tra cui Josè Mourinho che mi disse ‘Conferenza top!’, bisogna anche alzare l’asticella degli obiettivi, a Catania raggiunto quello che ci eravamo prefissati abbiamo poi perso sei gare su sette“.

La mia ideologia in carriera era la venerdi si chiude, certo se alla mia epoca avessi avuto i social avrei avuto qualche scappatella in più, oggi ai miei giocatori do i miei profili social e chiedo i loro, bisogna entrare nella testa dei giocatori“.

L’ultimo ricordo è per Sacchi e Inter: “Cinque partite in azzurro con lui, zero gol subiti, ma mi comunicano che non mi avrebbe più chiamato, era nell’aria. Quando i giornalisti mi chiesero qualcosa io dissi la frase hanno ucciso l’uomo ragno, io invece preferisco di persona dire ad un giocatore se va bene oppure no. La gente mi dice che sarei dovuto restare all’Inter a vita, ma per me le società non devono essere cimiteri di vecchi campioni, Ogni giorno penso di migliorare e ogni giorno ringrazio l’Inter per fama, soldi, opportunità ma anche per avermi fatto diventare uomo“.

Impostazioni privacy