Inter e Milan, quando un derby viene mal interpretato

Dieci giorni fa il derby di Milano, chiusosi con un quasi scontato 0 a 0, sembrava essere stato il perfetto riassunto della crisi totale e generale del calcio meneghino: due squadre incerte, di poca qualità e incapaci perfino di trovare il contentino in una partita intravista come l’ancora di salvataggio della stagione.

Eppure quella partita, nel suo andamento, aveva offerto degli spunti che in tanti non hanno preso in considerazione, o per pura mancanza di acume nel coglierli, o per testardaggine nell’ignorarli. Sembrava una formalità dire che l’Inter aveva giocato una partita nettamente migliore, che era stata l’unica compagine con una vera e convincente voglia di vincere, supportata da un ottimo numero di occasioni e da una qualità di gioco discreta: prove che sembravano sufficienti a sancire una condizione e una mentalità superiori, con l’obiettivo di provare a diventare una grande squadra, se non nell’immediato, almeno in un futuro non troppo lontano. Alcuni media hanno invece preferito scatenarsi sulla pochezza di entrambe le squadre, facendo di tutta l’erba un fascio e accostando due realtà e gestioni ben differenti. Le piccole voci di coloro che si azzardavano ad uscire fuori dal coro sono state bellamente ignorate o, almeno, scarsamente prese in considerazione. Gli interisti, Mancini in primis, che reclamavano il merito di aver provato almeno ad offrire uno spettacolo decente e godibile, erano quasi accusati di voler trovare un contentino insignificante in una partita che molti avevano già etichettato in una certa maniera. C’è addirittura chi si è permesso di recare un tapiro d’oro a mister Mancini, non si sa ancora per quali ragioni misteriose.

Peccato che la palla non mente e il campo ha sempre modo di offrire le proprie verità: l’Inter ha proseguito il lavoro emerso nel derby, trovando con Roma e Udinese l’unica cosa che nella sua stracittadina era realmente mancata: il goal e, conseguentemente, la vittoria. Ecco, quindi, che ora si trovano tutti a parlare di una squadra che ha almeno parte del carattere e della personalità del proprio coach, i cui meriti appaiono evidenti e riconosciuti dai più. Il Milan, che nel derby si era crogiolato nella più assoluta mediocrità, preferendo subire senza incassare troppo piuttosto che provare almeno a vincere, si è riscoperto fragile come non mai. Una squadra scioltasi come neve al sole, figlia dell’inesperienza del proprio mister, sprovvisto del giusto carisma e della personalità necessaria per far capire ai suoi giocatori come invertire la rotta e salvare almeno l’onore. Un catenaccio a oltranza può servire in una partita, in una frazione, ma oltre quello non può portarti, soprattutto quando hai poche fondamenta sulle quali reggerti. Se ora Inzaghi rischia di essere bruciato come Seedorf lo scorso anno e Mancini ha di nuovo il mirino puntato su un obiettivo ben visibile, significa che quel derby non era frutto dell’interpretazione che tutti gli hanno voluto frettolosamente dare.

Magari il tapiro d’oro sarebbe da consegnare a un altro indirizzo, senza allontanarsi troppo.

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