Inter, i motivi della mancata scossa manciniana

Dopo 29 giornate di campionato il bilancio dell’Inter è in rosso, un rosso decisamente profondo. Lo dicono impietosamente i numeri: 38 punti figli della doppia gestione Mazzarri-Mancini, con quest’ultimo arrivato come il salvatore della patria ma in chiaro svantaggio nei confronti del suo predecessore. Un bilancio che ci riporta indietro di 16 anni, al 98/99, la stagione dei quattro allenatori in un colpo solo – Simoni, Lucescu, Castellini, Hodgson – con Un’Inter che aveva però in squadra gente come Ronaldo, Simeone, Djorkaeff.

A riportare questo scoraggiante bilancio è la versione web di Sportmiadiaset, la quale sottolinea addirittura quella squadra aveva un punto in più, cioè 40 contro i 39 attuali, occupando però la stessa posizione di classifica: un deprimente nono posto. Ma se il passato ci regala imbarazzanti paragoni, il presente è triste come nessuno avrebbe potuto immaginare. Perché l’Inter del nuovo corso di Roberto Mancini non vince da 7 partite (dal 2-1 di Cagliari datato 23 febbraio) per un totale di 3 pareggi e 4 sconfitte. Il bilancio casalingo è infine sempre più desolante con una vittoria che manca addirittura da 2 mesi, cioè dal 3-0 al Palermo dell’8 febbraio.

Dietro un fallimento c’é però sempre una spiegazione. Un fallimento in cui il tecnico finisce inevitabilmente sul banco degli imputati, nonostante il credito che gli era stato accordato dal popolo nerazzurro fino a qualche tempo fa. Ma il Mancio ha dalla sua una evidente attenuante: ha cercato di dare una nuova fisionomia di gioco alla squadra nonostante i calciatori a disposizione non abbiano le qualità per potergli permettere di realizzare l’ambizioso progetto. Podolski e Shaqiri, nella sua idea di calcio, dovevano essere gli esterni adatti per poter la attuare. Ma entrambi si sono dimostrati inadatti per carenze tattiche (lo svizzero) o di rendimento (il tedesco). Inoltre manca il faro di centrocampo, il giocatore di spessore in grado di far girare la squadra. Mancini aveva assegnato questo ruolo a Guarin, ma il colombiano, dopo un paio di gare giocate con intelligenza e raziocinio, è ricaduto nel suo calcio primordiale.

Insomma, Mancini ha cercato la vittoria attraverso il gioco, provando a smentire il credo del suo predecessore. Ha pensato, ottimisticamente, di potercela fare ma finora gli è andata male. E difficilmente con la rosa che si ritrova può sperare che la situazione migliori in tempi brevi.

 

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