(Ri)Ecco Mancini, ripercorriamo la sua prima parentesi nerazzurra

Una scelta coraggiosa. Si, perchè cambiare prima di un derby non è facile. L’Inter riparte dal Mancio, da chi l’aveva ricominciata a far vincere, da chi ha riportato trofei ai nerazzurri dopo la Coppa UEFA del 1998. Allenatore tanto amato e tanto cercato dall’ex patron Moratti che nel 2004 ci vide lungo e, dopo un’estate caldissima, lo strappò alla Lazio.

L’esordio in nerazzurro-Venne ribattezzato mister X , a causa della sfilza di pareggi che arrivarono in campionato, ma a fine stagione riuscì a far alzare all’Inter la Coppa Italia battendo la Roma e centrò la qualificazione in Champions.

Primi trofei e lo scudetto di Calciopoli- La stagione successiva si aprì con il botto: il tecnico di Jesi riesce a superare la Juventus in Supercoppa grazie a un gol della Bruja Veron portando un altro trofeo nella bacheca nerazzurra. Quell’anno l’Inter alzò per la seconda volta consecutiva la Coppa Italia sempre ai danni della Roma e arrivò terza in classifica ma, a causa dello scandalo Calciopoli, gli venne assegnato il suo quattordicesimo titolo, ribattezzato da Moratti come lo scudetto della giustizia. Da qui in poi in campo italiano Mancini e i suoi uomini non conobbero ostacoli: un’altra Supercoppa (vinta in pieno stile Pazza Inter rimontando alla Roma uno svantaggio di 0-3) e altri due scudetti, l’ultimo sofferto e vinto con sudore e lacrime che non si riuscivano a distinguere in mezzo al nubifragio del Tardini di Parma.

Il rapporto con la Champions-L’Inter di Mancini non riuscì mai a diventare grande in campo internazionale: prima l’uscita ai quarti di Champions contro il Milan con quel famoso fumogeno che dalla Nord volò in testa al brasiliano Dida, poi la guerriglia finale al Mestalla di Valencia che divenne per alcuni minuti un vero e proprio saloon del far west e, per concludere, le dimissioni annunciate alla fine dell’ottavo di finale perso contro il Liverpool.

La sua creatura- Inutile negarlo, l’Inter di Mancini era la base di quella che poi vincerà tutto in Europa e nel mondo con Muorinho. L’ossatura era praticamente la stessa con Julio Cesar a difendere la porta, un colossale Maicon a destra, i veterani Cambiasso e Samuel e, per ultimo, Stankovic che ricopriva ogni ruolo del centrocampo. Una creatura nata per vincere, raccolta poi da Morunho che con altri innesti la portò sul tetto del mondo.

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