Thohir rilancia l’Inter in tre mosse: rivoluzione in società, Mazzarri più sereno e coinvolto, spogliatoio responsabilizzato

La rivoluzione di Erick Thohir ha fatto tante vittime in casa Inter. Gli unici sopravvissuti sono il vicepresidente Angelomario Moratti, il direttore generale Marco Fassone, quello commerciale Giorgio Ricci, il d.t. Piero Ausilio, Walter Mazzarri e il suo staff. Dopo essere entrato in punta di piedi a novembre, nel nuovo anno il tycoon indonesiano ha dato il via a cambiamenti sensibili non solo in società, ma anche all’interno della squadra (basti pensare all’addio dei senatori argentini).

La decisione di confermare Mazzarri e di allungargli il contratto fino al 2016 ha portato un’aria nuova nello spogliatoio. Ora il tecnico toscano è più sereno e si sente maggiormente padrone della situazione rispetto a un anno fa: sente il progetto come condiviso e lo sta seguendo anche sulla via della difesa a 4. Una variante che andrà provata e riprovata soprattutto negli Usa. Anche il termometro del feeling con i tifosi sembra in netto miglioramento. Pinzolo però non è San Siro e la «febbre» andrà misurata di nuovo a fine agosto (il 21 o il 28, a seconda del sorteggio dell’8 agosto), nel playoff di Europa League che segnerà l’esordio casalingo della squadra.

Anche il gruppo, nonostante sia ancora da definire tra il rientro dei nazionali e il mercato in divenire, sta rispondendo in maniera positiva. Senza presenze ingombranti come Cambiasso, Milito, Samuel e Zanetti a fare da parafulmine, adesso tutti si sentono più responsabilizzati. Vidic, Handanovic e Palacio sono leader silenziosi, Ranocchia studia da capitano e anche i giovani come Kovacic, Icardi e Juan Jesus vogliono diventare dei riferimenti.

In attesa che il primo mercato di Thohir spari gli ultimi veri botti, con l’acquisto di Medel e di un attaccante capace di fare la differenza, l’arrivo del CEO Michael Bolingbroke ha definito in tutti i suoi aspetti il quadro societario, con una estrema chiarezza dei ruoli. Il tutto passando attraverso un doloroso ma inevitabile snellimento che ha portato a trenta addii tra separazioni e contratti non rinnovati.

 

Fonte: La Gazzetta dello Sport

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