Persa la città, persa la dignità

Millecentoventotto giorni. E’ il tempo passato dal giorno in cui il Milan si è potuto fregiare del titolo di padrona di Milano per l’ultima volta. Dall’altra parte c’era l’Inter di Leonardo e proprio le scelte scellerate del tecnico brasiliano avevano consegnato il derby, e di conseguenza lo scudetto, ai cugini. Millecentoventotto giorni dopo la peggior versione del Milan dell’ultimo decennio riconquista il controllo della città.

Fa male, come allora. Ma fa male in un modo diverso. Al tempo abbiamo sofferto nel vedere una squadra ancora zeppa di campioni arrendersi e cedere ad un’altra compagine, per la prima volta dopo un lustro, quello scudetto che era ormai diventato una piacevolissima consuetudine. Oggi soffriamo nel vedere una squadra incapace persino di tirare verso la porta avversaria, contro una difesa che è, pound per pound, la peggiore della massima serie.

Millecentoventotto giorni dopo ritroviamo un unico elemento di continuità: le responsabilità dell’allenatore. Allora Leonardo, oggi Mazzarri. Se allora per il tecnico brasiliano potevano valere delle giustificazioni (invero deboli) derivanti dalla scarsa esperienza, Walter Mazzarri è indifendibile. Non gli imputiamo le colpe per errori nelle scelte di formazione, per sostituzioni sconclusionate o, per una volta,per moduli sballati. Sarebbe riduttivo. L’Inter non è in grado di giocare a calcio. Millanta di essere una squadra brava in contropiede, svilendo la nobile arte della ripartenza, degradandola a mera opera di improvvisazione.

Il Milan di Seedorf di certo non è in grado di fare di meglio. Di lì una sorta di partita tra mediocri giocatori di scacchi, in cui ognuno aspetta la mossa dell’altro semplicemente perché non è in grado di farne una propria. Lo scacco matto arriva un po’ per caso e un po’ per merito. E proprio come in una partita di scacchi l’Inter si ferma, a riconoscere il dubbio merito di De Jong e compagni, incapace di reagire in alcun modo. Priva di voglia di rivalsa, umiliando i suoi sostenitori e privandoli dell’ultimo minimo motivo di vanto che gli era rimasto.

Restituiteci la città. Ma soprattutto restituiteci la dignità.

 

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

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