Una serata in bianco e nero

Quando arrivò il televisore in Italia, non c’era ancora il 3d, l’hd e il led. C’era solo un trasmettitore di immagini in bianco e nero, a cui, quando si inceppava, bastava qualche colpo ben assestato per riprendere a funzionare. Chissà se gli strenui tifosi nerazzurri che hanno seguito il Derby d’Italia da casa hanno provato anche quest’ultima disperata mossa per improvvisarsi aggiustatori di situazioni irreparabili. Se ci avete provato, sappiate che la mossa non vi è riuscita. Del resto il ruolo di “aggiustatore” risulta difficile persino a chi lo fa di professione.

Il buon inizio nerazzurro illuderebbe qualsiasi tifoso. Non quello interista, abituato alle false partenze dei suoi beniamini fin da tempi non sospetti (o sospetti che siano – lo lasciamo all’imparziale giudizio dei tifosi juventini e dei loro prodi condottieri). L’ansia da prestazione generata nei giocatori bianconeri dal trovarsi di fronte l’avversario che è evidentemente e inspiegabilmente lo spauracchio principale – in una stagione in cui non è riuscito a esserlo nemmeno per il Novara – man mano svanisce e la Juve, complici l’ennesima errata divisione delle marcature sui calci da fermo e il solito Lucio nel sul ruolo da libero (di pallavolo), trova gol e superiorità territoriale contro una squadra con quarantacinque minuti di autonomia. Per solidarietà intanto Ranieri si adegua al contesto di mediocrità e sconfessa le sue due scelte azzeccate, Poli su Pirlo e Obi a dare spinta sulla fascia sinistra, per trasformare il disastro da parziale in totale.

Provando ad emulare i tifosi avversari, proviamo anche noi un po’ di invidia per gli altri. Non per la squadra usa&getta costruita da Marotta e destinata probabilmente nel migliore dei casi a vincere quella che i tifosi di cui sopra consideravano fino a pochi mesi fa una “coppetta”, ma incapace di competere ad alti livelli nel medio-lungo periodo senza acquisti di alto livello, gli stessi con cui qualsiasi squadra nell’annacquata serie A di questi tempi si ritroverebbe tutto ad un tratto ad essere competitiva. L’invidia è tutta per Alessandro Del Piero, campione da sempre rispettato, non solo per l’immenso talento, ma soprattutto per la lealtà e l’umiltà – che talvolta fanno dimenticare chi rappresenta – mostrata negli anni. Lui ieri sera ha avuto la possibilità di essere ancora una volta decisivo in una grande notte, il canto del cigno che ogni fuoriclasse merita. Lo meriterebbero anche i grandi vecchi nerazzurri, a cui questa possibilità è stata negata da politiche scellerate di una società allo sbando, che ha sottratto gloria ai campioni e passione ai tifosi.

L’atarassia del tifoso nerazzurro nel prepartita ricorda paradossalmente la serenità con cui si approcciavano le gare non più di due anni fa: da corazzata troppo forte per aver paura di perdere, a compagnia di giro troppo sconclusionata per avere la speranza di vincere.

Chissà se anche Moratti, che ieri ha preferito sostenere l’unica Inter vincente di quest’anno, ha guardato la partita alla tv come si faceva una volta, quando si mandava in onda solo qualche secondo tempo di tanto in tanto. Chissà se come una volta, quando la sua squadra non funzionava, ha provato a dare qualche colpo al televisore.

Ma hai voglia di dare colpi, quest’aggeggio non si aggiusta da solo!

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