Chi ben comincia è a metà dell’opera

Solidità. E’ questa la parola chiave dell’Inter che verrà, il tassello mancante dell’Inter che è venuta. Al Dall’Ara la squadra trova la prima vittoria stagionale, ma soprattutto una convinzione nei propri mezzi che mancava da mesi.

I nerazzurri giocano un ottimo primo tempo, concedendo una sola grande occasione a Di Vaio: oro colato per chi era abituato a essere bersagliato come l’orsacchiotto al luna park. Difficile credere che in meno di una settimana un allenatore possa rivoluzionare una squadra. Ma può limitarsi a mettere ogni giocatore nel suo ruolo e fare bene.

Emblematico il primo gol: Forlan, finalmente libero di giostrare nella zona centrale, imposta; Cambiasso, affrancato dai compiti di mera e vana copertura, si inserisce e serve Pazzini che, schierato finalmente nel ruolo che gli compete (centravanti titolare), sfrutta la prima occasione capitatagli per insaccare.

Il Bologna è poca cosa e potrebbe non rappresentare un test probante. Ma, per chi perde in casa contro dei turchi semisconosciuti, anche la Rappresentativa Scapoli è un avversario degno di questo nome. E’ ancora una volta di Samuel, alle prese con uno stonato canto del cigno, l’errore che regala a degli sterili emiliani il rigore del pareggio.

La speranza viene dalla reazione. Dopo l’ennesima doccia fredda la squadra si fa coraggio ed esce lentamente fuori fino a trovare le due reti della vittoria. Milito entra e realizza, Muntari fa un assist al bacio, Lucio segna: è ovvio che non è una giornata come le altre. I giocatori, solitamente bolliti al trentesimo minuto, corrono fino all’ultimo minuto.

“Giocavano contro Gasperini” diranno in tanti in questi giorni. La realtà è che quando si corre al posto giusto si conservano energie, soprattutto mentali, da sfruttare fino al termine del match. Merito di Ranieri: vince, convince e, a dispetto dei tanti luoghi comuni, rilancia i giovani.

Mosca è vicina e già a settembre ha il sapore di gara decisiva. I tifosi si affidano al “Sor Claudio”, l’eterno nemico diventato vate.

Giovanni Cassese

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